Giosuè Carducci

Poeta italiano (Val di Castello, nella Versilia, 1835 - Bologna 1907). Crebbe "selvatico" nella Maremma toscana, dove il padre, Michele, un liberale già carbonaro, era medico condotto. Andò poi a Firenze e a Pisa, dove si laureò nel 1856.  Nel 1859 sposò la parente Elvira Menicucci, da cui ebbe quattro figli: Bice, Laura, Libertà (Titti) e Dante. Nel 1860 il ministro T. Mamiani lo nominò, con felice intuizione, prof. di letteratura italiana all'università di Bologna, cattedra che tenne fino al 1903.  Nominato Senatore del Regno e Accademico della Crusca, ebbe nel 1906 il premio Nobel per la letteratura. Forse la morte quasi contemporanea (1870) della madre e del figlioletto Dante lo ammonisce a non sopravvalutare avvenimenti terreni anche grandi, ma di cui la meditazione sulla morte sofferta nel proprio sangue svela la sostanziale meschinità. Probabilmente non causa, ma effetto del mutato stato d'animo è la passione turbinosa per Carolina Cristofori Piva (Lina o Lidia della poesia): cominciata nel 1871, divampata nel 1872, essa continuò veementissima nei due o tre anni successivi, poi declinò sino alla morte di Lina (1881). 

Giosuè Carducci nell’arco della sua vita, in età abbastanza matura, fra la fine dell’800 e i primi del ‘900 segnatamente fra ottobre e novembre, quando il Mugello si veste di stupendi colori autunnali, era immancabilmente ospite della nobil famiglia Giarrè Billi abitante in una aristocratica villetta (tutt’ora esistente) in quel del popolo di Pilarciano in comune di Vicchio, in quanto amico della poetessa Marianna Giarrè Billi, una delle più fini e colte scrittrice mugellane. Giungeva da Bologna con il treno fino a Borgo San Lorenzo per poi raggiungere in carrozza la villa Giarrè Billi a Pilarciano, con le carrozze del Mascherini di Borgo e degli Ardiccioni di Vicchio e questo per quasi dieci anni, conoscendo nel tempo tantissima gente, e a parte i notabili, la gente umile e semplice che prediligeva (quanti colloqui con i contadini mentre lavoravano i campi e che in quei mesi vendemmiavano!), poichè gli davano una carica umana non comune. Proprio in questo periodo (1895) Giosùe Carducci fu nominato presidente del comitato per erigere il monumento al sommo Giotto nella centrale piazza vicchiese e per questa sua carica Vicchio e il Mugello era divenuta la sua seconda Patria. Amava questa terra, la visitò in tutti i suoi meandri: da Vespignano a Moriano, da Faltona e San Giovanni Maggiore (rimase incantato dalla splendida residenza dove nel 1503 nacque Monsignor Giovanni della Casa, l’autore del “Galateo” a Montefloscoli e di Michele Gordigiani a Striano sopra Ronta, conoscendo Cassadò e Mendelhsonn), raggiungendo poi l’apice quando nel 1901 fu inaugurata la statua di Giotto.

Il 10 dicembre del 1933, il “Messaggero del Mugello” riporta con dovizia di particolari gli incontri di Carducci con la poetessa Marianna Giarrè Billi e il marito dott. Billi (il settimanale mugellano riporta anche tantissimi articoli su Giosuè Carducci prima e dopo l’inaugurazione della statua di Giotto) e anche in questo caso gli aneddoti si sprecano.